IL PIANO INTUITIVO
Lo strumento dell’intuito è per noi il quarto campo di confronto con la manifestazione DIVINA, il quarto piano di espressione delle nostre sfere di esistenza e il quarto strumento di sperimentazione della nostra Olospiritualità.
Lo strumento dell’intuito è collegato con il regno Umano. Le sue energie sono gestibili a livello del quarto chakra e del corpo astrale.
I primi tre piani sono piani di sperimentazione e di gestione della dualità materiale nella quale viviamo con il culmine nel “mentale” e l’illusione dell’onnipotenza dell’Io. I quattro piani successivi dovrebbero essere chiamati “piani del non fare” perché con loro saremo portati a distaccarci dalle illusioni, a rinunciare alla dualità e a liberarci dall’illusione di essere in grado di gestire la nostra vita e di decidere del suo andamento.
Con lo strumento intuitivo l’Uomo comincia a uscire dalla negazione della dualità e dall’identificazione con l’Io apparentemente rassicuranti. Il pensiero che lo formula è analogico-intuitivo-reticolare. Ricordiamo che l’analogia è un pensiero verticale che mette in evidenza la simultaneità e la sincronicità di fenomeni che in apparenza non hanno nulla in comune; l’intuizione è la capacità, stimolata dalla spinta dello Spirito, di percepire l’essenza delle cose, le informazioni contenute nel fenomeno stesso che si sta sperimentando; e reticolare, cioè a rete neuronale, è la struttura del cervello e dell’universo e quindi il vero modello di pensiero in cui ogni cosa è collegata a tutte la altre.
Senza che lo sapessimo l’intuito è per molti il motore della vita. L’animale reagisce per istinto, l’Uomo possiede in più questa facoltà di presentire l’esistenza di qualcos’altro. L’intuito influenza il suo divenire in una misura maggiore del semplice istinto di sopravvivenza fisica, della pulsione emotiva e della razionalità mentale. Senza l’intuizione non ci sarebbero stati progressi scientifici, scoperte d’altre terre; senza l’intuito non ci sarebbe “evoluzione”. Per mezzo dell’intuito, il nostro Spirito ci chiama e ci guida e noi andiamo verso di Lui.
L’Intuito ci mette in contatto con il senso profondo del nostro Destino. E’ la sveglia che suona, ancora troppo lontana dalle nostre orecchie; la sentiamo si e no; ci attira ma la temiamo; sappiamo di doverci svegliare ma tendiamo a poltrire nei vecchi lenzuoli in cui dormiamo male ma che riconosciamo per il loro vecchio odore famigliare.
Con questo strumento cominciamo a percepire l’intrinseca dualità orizzontale della vita materializzata e scopriamo l’esistenza dell’altra dualità, quella verticale.
E’ per l’Uomo molto difficile lasciarsi andare all’ascolto di ciò che l’Intuito gli propone di sperimentare. Il pensiero logico-razionale-lineare ci nega la possibilità di giungere a una risposta complessiva sulla natura della vita. Ma questa negazione è relativa all’uso dello strumento mentale.
Il piano intuitivo è quello in cui cominciamo a sviluppare l’osservatore e l’ascolto di ciò che ci è ignoto. Con esso cominceremo a percepire quanto è inutile fare delle domande, inutile indagare, inutili analizzare. E’ tempo di lasciare la nostra mente scivolare fuori dalla sua razionalità lineare. Tutte le risposte sono lì, a portata di mano o piuttosto di “mente aperta”, già esistente da sempre e da sempre esse aspettano di essere ascoltate.
Con il mentale siamo arrivati allo stallo, abbiamo scoperto, o stiamo scoprendo, che non è possibile ampliare indefinitamente le nostre conoscenze su tutto ciò che esiste nel mondo materiale, non possiamo specializzarci in tutti i campi e quindi, per raggiungere una percezione più ampia della realtà, dobbiamo passare a un’altro sistema di percezione e di comprensione. La capacità conoscitivo-mentale a disposizione dell’Uomo è limitata e diventa evidente la necessità di cambiare marcia, di accedere a un nuovo e più potente mezzo di comprensione e di partecipazione all’Universale.
Il mentale, facoltà logico-razionale-lineare basata sulle esperienze passate e su una logica meccanicistica, e quindi su una visione limitata della falsa realtà materiale, sta finalmente mostrando la sua vera natura: per quanto potente possa essere relativamente agli strumenti fisici ed emotivi, esso si chiude su se stesso e impedisce la percezione di qualcosa di più vasto. Con il mentale abbiamo rimescolati migliaia di volte gli stessi concetti e ci siamo sempre ritrovati al punto di partenza. Finalmente ci arrendiamo di fronte alla scoperta di questo infernale circolo. Chi non lo fa impazzisce.
Tuttavia arrendersi non vuol dire subire la schiavitù. Schiavo è solo colui che non accetta l’evidenza della sua limitata posizione, della sua limitata percezione perché ignorando o negando le proprie limitatezze le si subisce: esse ci dominano. L’unica soluzione è quella di rinunciare alla sapienza, rinunciare a sapere di sapere!
Ciononostante il mentale, una volta svelati tutti i suoi inganni, ci rivela la sua vera utilità. Di tutto quello che avremo sperimentato con la mente logico-razionale, ciò che rimarrà sarà la potenza della “Pura Logica”. Essa si distingue dalla falsa logica in quanto i suoi ragionamenti sono perfettamente “coerenti, consequenziali e omogenei” con il concetto di “Spirito incarnato nell’apparente molteplicità spaziotemporale dell’ASSOLUTO-UNO-ETERNO”.
Il piano intuitivo corrisponde al regno Umano. In nessuna manifestazione dell’ASSOLUTO più che nell’Uomo si incontrano e si intersecano gli aspetti cristallizzati e quelli sottili dello SPIRITO DIVINO.
Nella Psicologia Spirituale viene riconosciuto all’Uomo il compito, o ruolo, di fare da ponte fra la materia e lo Spirito. I piani fisici, emotivo e mentale tendono a materializzare, a concretizzare l’energia DIVINA mentre quelli del Distacco, della Libertà e del Silenzio la smaterializzano. Tutto questo, ricordiamolo, non dipende dalla volontà dell’Uomo ma fa parte della NATURA stessa dell’ASSOLUTO.
Non è perché è il ponte che l’Uomo deve stimarsi superiore agli altri regni e pensare che potrebbe benissimo farne a meno. Questo atteggiamento lo farebbe cadere in un estremismo che lo allontanerebbe dall’Unità e quindi dalla REALIZZAZIONE FINALE. La via maestra della liberazione non è quella del raggiungimento di una sempre maggiore bontà ma quella di imparare a mantenere uno stato di dolce e serena neutralità tra ribellione e sottomissione, e più generalmente uno stato di equilibrio e di consapevole distacco di fronte agli innumerevoli aspetti della dualità. Questa stabilità porterà automaticamente l’Uomo a “essere” Amorevole e Saggio.
L’“Amorevolezza” e la “Saggezza” non possono opporsi alla conflittualità “combattendola”. L’“Amorevolezza” e la “Saggezza” accolgono la conflittualità con comprensione e gli fanno dolcemente prospettare la bellezza e la gioia della partecipazione all’Integrità dell’Interezza, all’Armonia Universale.
Con questo non intendiamo che l’Uomo debba tornare allo stato primitivo, uno stato di non conoscenza. Non gli si chiede di rinunciare alla sua capacità logica razionale. Se l’ASSOLUTO ci ha proposto un’evoluzione relativa, nel senso di una relativa cultura e civilizzazione quale la troviamo nei paesi industrialmente sviluppati, è perché questa è necessaria alla sperimentazione delle nostre Anime: è una delle tante tappe dello sviluppo della consapevolezza per farla diventare COSCIENZA UNIVERSALE. Quindi, dopo aver provato e riconosciuto la potenza ingannatrice della materia, delle emozioni e della mente logico-razionale, esperienze “indispensabili” alla propria e comune evoluzione, è ragionevole pensare che l’Uomo debba permettersi di andare oltre quello che oggi sa. Non deve rinnegare il suo passato né la sua ridotta consapevolezza di ieri, ma deve, per poter andare avanti, riconoscere gli strumenti per quello che sono e identificarvici solo per il tempo e nella misura strettamente necessari alla sperimentazione degli aspetti dell’ASSOLUTO che questi gli possono permettere di sperimentare.
Su questo piano scopriremo che il pensiero analogico- intuitivo- reticolare possiede una sua logica molto profonda e sottile, e quindi che non dobbiamo rinnegare il pensiero logico-razionale-lineare ma che dobbiamo permetterci di sublimarlo e di portarlo, trasmutato, sul piano successivo.
Attraverso il piano intuitivo, l’Uomo scopre e sperimenta la dimensione analogica-reticolare della manifestazione Divina. Tuttavia questa scoperta non è senza dolorose conseguenze perché la comprensione di essere vissuto sotto il giogo dell’illusione non libera immediatamente dalla sua schiavitù.
La presa di coscienza della dualità non ci libera dai suoi effetti.
La presa di coscienza è un primo passo verso la liberazione ma il cammino è ancora lungo.
Possiamo ora ricordare il già citato concetto del filosofo Kaushik:
“E’ il pensiero a creare il pensatore e a mantenere il conflitto tra pensiero e pensatore”.
Questa è la scoperta alla quale ci porta l’intuito. Il nostro pensiero aveva perso la facoltà di rimanere identificato con la sua Natura-dimensione Olospirituale e, bersagliato da continue e contraddittorie richieste di comportamento, richieste promosse dagli innumerevoli aspetti dell’Io, ha creato un grandissimo numero di personalità che, ora che esistono, l’una dopo l’altra, rivendicano il diritto di esistere e di manifestarsi. Identificandoci di volta in volta con l’Io che si manifesta, il pensiero non riesce a ricreare la sua unità e mantiene vivo il pensatore che si crede così essere all’origine del pensiero. Dalla sofferta presa di coscienza di tale conflittualità dobbiamo passare alla distaccata osservazione di questo attuale stato dell’umanità. La lotta redentrice appartiene al piano successivo, quello del Distacco. Dalla presa di coscienza della conflittualità comincia il confronto con essa (e quindi con l’inafferrabile instabilità della personalità) e la sua Amorevole accettazione. Questa scoperta crea inizialmente maggiore incertezza, travaglio e sofferenza perché tentiamo di risolvere il nostro problema esistenziale con la volontà.
Il “voglio” e il “devo” sono strumenti di crescita che portano solo disillusione e sofferenza perché pretendono un’immediatezza che la vita dimostra impossibile da attuare. La forza di volontà, quella a denti stretti del “voglio” e del “devo”, è troppo radicata in noi e l’abbiamo lasciata prosperare per troppo tempo per poter liberarsene così facilmente. I “voglio” e i “devo cambiare” si svelano nel tempo impossibili da attuare. Ogni volta che ci siamo prefissi un conseguimento per mezzo della forza di volontà, abbiamo subito una drastica mortificazione. A volte l’illusione di farcela può durare a lungo, ma prima o poi scopriamo, a nostre spese, che risulta impossibile mantenere un controllo su di noi e sulle nostre emozioni. La scoperta della dualità insita nella psiche e nel corpo non deve portare al desiderio di cancellarla. Prima di venire superata, la dualità deve essere riconosciuta e amata per quello che è: un Sacro strumento di evoluzione.
L’approccio autoterapeutico sarà quindi quello della distaccata osservazione della dualità. L’Intuito va a sua volta in qualche modo “educato”. Ma ciò deve succedere senza usare la volontà coercitiva. Non dobbiamo più tentare di agire sul risultato scontato delle nostre azioni ma sulla loro fonte: l’identificazione con la dualità. Finché non avremo fiducia nelle nostre intuizioni avremo percezioni sbagliate. Quindi tocca proprio a noi fare un atto di fede e sviluppare la fiducia anche se, inizialmente, i fatti continueranno a dimostrarci la nostra incapacità di rimanere stabilmente nello stato di fiducia.
Questo “travaglio” non è nuovo per noi, lo abbiamo vissuto in ogni periodo di trasformazione, di superamento, quando una parte di noi si è svegliata a un piano superiore. La comparsa di un nuovo strumento non cancella l’esistenza degli altri. Al contrario, l’apparizione di un nuovo strumento viene a modificare la nostra capacità di osservare e di rivalutare quelli precedentemente importantissimi per noi e nei quali eravamo erroneamente identificati. Nessuno degli Uomini che vivono coscientemente la loro dimensione intuitiva o del distacco ha superato la forza attrattiva del piano materiale, di quello emotivo e di quello mentale-razionale e in questo fatto risiede la sofferenza di queste stadi della crescita: si è tra due mondi ciascuno dei quali ha la propria attrattiva, il vecchio e il nuovo.
L’Uomo risvegliato sarà libero solo quando raggiungerà i piani della Libertà e del Silenzio. Prima di ciò esistono ancora desideri, emozioni e bisogni di inquadrare razionalmente il vissuto e il suoi significati. In questo risiede la pluralità degli aspetti della dualità. Ma i desideri, le emozioni e le riflessioni non hanno più la stessa natura, o piuttosto lo stesso potere insidioso, che avevano in precedenza. Le subiamo per tempi sempre più brevi e le sofferenze che ci infliggono sono sempre più gestibili e di impatto sempre meno profondo.
Possiamo anche dire che non ci sarebbe stata “evoluzione” senza la personale verifica della limitatezza di ogni strumento. E’ evidente che l’esperienza degli altri non ci può servire come mezzo di crescita, almeno finché non avremo superato la “paura” del diverso perché, una volta raggiunto questo stadio, accogliendo e partecipando alle altrui esperienze, potremo nutricene assimilando così “consapevolezze” che non avremo più bisogno di sperimentare personalmente.
Inutili arrabbiarci o dispiacerci quando gli altri, compagni e figli compresi, non sanno approfittare dei nostri consigli per non cadere nelle stesse trappole in cui eravamo andati a finire. Dobbiamo sviluppare in noi la fiducia nelle loro capacità di affrontare e superare ciò che hanno da sperimentare; nessuno può farlo in vece loro.
Dobbiamo aiutarli a sviluppare la fiducia in loro stessi e nelle loro innate capacità di affrontare ciò che il loro destino propone.
E’ sicuro! Non è facile permetterci e permettere agli altri di andare a sbattere contro i muri dell’ignoranza erti di punte affilatissime (illusioni) perché non siamo certo disposti a patire o lasciare soffrire quelli che amiamo. Ma raramente un beneficio immediato rimane tale a lungo andare. Quasi sempre, la fretta di assaporare un piacere o una vittoria porta alla costruzione di un futuro instabile e coercitivo. Non si tratta di essere masochisti, la sofferenza non è assolutamente una necessità evolutiva e alzo forte la voce per dire ch’essa non è assolutamente gradita all’ASSOLUTO.
Affermo con insistenza che la sofferenza è solo ed esclusivamente l’effetto della nostra “resistenza” al giusto e spontaneo fluire del nostro destino.
Che nessuno si permetta di interpretare le mie parole come un incoraggiamento al “menefreghismo” o al sopruso. La “non sofferenza” non risiede nel “non fare nulla”, nel “non affrontare” le nostre responsabilità, nel “rubacchiare” a destra e a sinistra ciò che desideriamo; la “non sofferenza” risiede nel “come” si fanno le cose, “come” affrontiamo le nostre responsabilità, “come” acquisiamo ciò che ci serve. La “non sofferenza” risiede nell’amorevole intenzione di non ferire, di non ostacolare, di non criticare, di non giudicare.
I problemi non esistono.
Abbiamo solo da risolvere dei compiti evolutivi, vivere delle esperienze perfettamente adeguate a portarci alla consapevolezza che dobbiamo e possiamo oggi acquisire. I problemi nascono dalla nostra indolenza ad affrontare immediatamente i compiti, o piuttosto le “Opportunità” proposti dal Destino, dalla nostra convinzione di non essere all’altezza di questi o dalla speranza che qualcun’altro ci pensi per noi. Più rimandiamo il momento di far fronte a ciò che ci serve, più le esperienze di vita ci sembrano grandi e insormontabili. Col passare del tempo la convinzione della nostra incapacità cresce.
E’ probabilmente la paura della sofferenza provocata dalla “presa di coscienza” a tenerci lontano dalla nostra salvezza. Ma finché non troveremo il coraggio di attraversare il mare tempestoso del distacco non potremo raggiungere l’altra sponda, quella della serena e gioiosa consapevolezza.
Energeticamente questo fenomeno viene spiegato attraverso il concetto degli aggregati. Come abbiamo descritto in precedenza, ciò che esiste possiede una propria forza di coesione. Essa cresce proporzionalmente alla quantità di energia accumulata dai nostri pensieri, alla natura più o meno positiva di questi e al tempo impegnato a pensare in quel modo. Quindi, più abbiamo potenziato uno strumento, più grande è diventata la sua forza di coesione. Più a lungo ci saremo identificati con un aspetto della nostra personalità, più sarà difficile liberarcene.
In questo risiede la tormentosa sofferenza di chi aspira, attraverso lo strumento del Distacco, a superare se stesso. Lo stesso tentativo di liberazione rappresenta un pericolo mortale per ciò che vogliamo “superare”. Automaticamente questa parte di noi si ribella e ci trascina indietro. Per arginare questa difficoltà si tende a combattere una tendenza con il suo opposto e cioè si combatte il razionale con l’irrazionale e viceversa. La storia dell’umanità è costellata di situazioni simili che si possono identificare come l’alternanza di cicli solare e lunare; di domini maschili e femminili. Le civilizzazioni patriarcali sono quelle in cui l’umanità sperimenta la forza fisica e la razionalità. Quelle matriarcali, dominate dalle donne, sperimentano l’emotività e l’intuitività. Ma non sarà così per sempre perché vediamo, già con lo strumento intuitivo, che l’essere umano si avvicina dalla comprensione dell’uguaglianza fra i valori maschili e femminili. Tutta l’esperienza evolutiva, attraverso la condivisione del “sentire” con tutti i “diversi”, porterà all’Unione di tutti gli Aspetti dell’ASSOLUTO in ciascuno di noi.
Con gli strumenti del Distacco e della Libertà la disparità tra maschile e femminile scomparirà e le nostre società non avranno più la necessità di alternare gli estremi.
L’Intuito, anche se non risolve questa lotta, per lo meno ce ne fa prendere coscienza. Il piano intuitivo, quindi, che nella nostra ricerca della stabile felicità opponiamo a quello mentale per liberarci dalla pressione della razionalità, può essere considerato un piano irrazionale. In realtà la sua logica, del tutto diversa da quella lineare poiché reticolare, risulterà molto più efficace e benefica.
A livello descrittivo della struttura del nucleo psico-spirituale, possiamo immaginare che i filtri interposti fra il conscio e l’inconscio vengano progressivamente rimossi (in senso meccanico). Per questo fatto il conscio necessita di sempre meno razionale sicurezza (punti saldi) e l’Intuito -voce dello Spirito- si esprime con sempre maggiore frequenza e maggiore sicurezza spirituale.
A questo punto dell’evoluzione il centro dell’individualità comincia a espandersi dal conscio mentale verso l’intuitivo coprendo sempre maggiori aspetti del nostro essere. La nostra consapevolezza non si ritira dai piani precedenti ma li tinge di una nuova luce che ci porterà a rivalutare tutte le nostre passate conoscenze.
Dal piano intuitivo in poi le influenze esterne non sono più percepite come negative o limitative ma esclusivamente come opportunità evolutive. Diventa sempre più facile non opporsi a ciò che propone la vita e, come spesso ancora succede, se il nostro “istinto” ci spinge a reagire violentemente contro queste proposte, la nostra capacità di operare la trasmutazione Alchemica della situazione comincia a farsi più potente e rapida. Ma siamo solo all’inizio della presa di coscienza, della via di liberazione dall’illusione nella quale siamo vissuti molto a lungo. La gestione delle nuove informazioni, l’allenamento del neutrale osservatore e della capacità alchemica richiederanno un enorme, anche se dovrà essere morbidissimo, lavoro. Tuttavia l’Essere nascente attinge sempre meno ai nutrimenti fisici, emotivi e mentali perché è oramai consapevole della loro pericolosità. Certo, non riusciremo a convincere facilmente i nostri istinti inferiori a liberarsi dalle illusioni e dalla nocività delle loro precedenti identificazioni. Anni, se non secoli, di aspettative di appagamento rivolte verso di loro richiederanno un lungo e faticoso lavoro di amorevole convincimento per portale, insieme a noi, a una consapevolezza superiore.
Per fortuna il tempo necessario a questa profonda pulizia non è uguale a quello che abbiamo impegnato a sporcarci. Spiegheremo, nel capitolo “Piani di connessione degli strumenti di espressione” che i tempi di evoluzione sono esponenziali e che, a mano a mano che si accresce la nostra consapevolezza, abbiamo bisogno di un tempo sempre minore per acquisire sempre maggiore coscienza.
Tornando un attimo al concetto dei cibi, il nostro piano intuitivo ha bisogno pure lui di nutrimento. Non gli basta più l’energia di bassa frequenza dei tre primi piani ma, malgrado il fatto che già si rivolge verso le energie più sottili, non è ancora al riparo dall’inganno. L’assorbimento di energie di alte frequenze è imperioso ma finché non avremo superato il piano del Distacco rimarremo a rischio di crogiolarci nelle aspettative passate.
Lucien Bruchon
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