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sabato 16 novembre 2019

Liliana Segre


Liliana Segre (Milano, 10 settembre 1930)   è un'attivista e politica italiana,   superstite dell'Olocausto e attiva testimone della Shoah italiana.

Liliana Segre (Milano, 10 settembre 1930)
 è un'Attivista e Politica Italiana, 
Superstite dell'Olocausto e Attiva Testimone della Shoah italiana.

Il 19 gennaio 2018 è stata nominata senatrice a vita 
dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella 
per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale.

Liliana Segre (Milano, 10 settembre 1930)   è un'attivista e politica italiana,   superstite dell'Olocausto e attiva testimone della Shoah italiana.

Nata a Milano in una famiglia ebraica, visse col padre, Alberto Segre (12/12/1899 - 27/04/1944),e i nonni paterni, Giuseppe Segre (30/03/1873-30/06/1944 affetto da una grave forma di Parkinson) e Olga Loevvy (11/11/1878-30/06/1944). La madre, Lucia Foligno, morì quando Liliana non aveva neanche compiuto un anno. Di famiglia laica, Liliana ebbe la consapevolezza del suo essere Ebrea attraverso il dramma delle leggi razziali fasciste del 1938, in seguito alle quali venne espulsa dalla scuola che frequentava.

Dopo l'intensificazione della persecuzione degli ebrei italiani, suo padre la nascose presso degli amici, utilizzando documenti falsi. Il 10 dicembre 1943 provò, assieme al padre e due cugini, a fuggire a Lugano, in Svizzera: i quattro furono però respinti dalle autorità del paese elvetico. Il giorno dopo, Liliana Segre venne arrestata a Selvetta di Viggiù, in provincia di Varese, all'età di tredici anni. Dopo sei giorni in carcere a Varese, fu trasferita a Como e poi a San Vittore a Milano, dove fu detenuta per quaranta giorni.

Il 30 gennaio 1944 venne deportata dal binario 21 della stazione di Milano Centrale al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, che raggiunse dopo sette giorni di viaggio. Fu subito separata dal padre, che non rivide mai più e che sarebbe morto il successivo 27 aprile. Il 18 maggio 1944 anche i suoi nonni paterni furono arrestati a Inverigo (provincia di Como); dopo qualche settimana anche loro vennero deportati ad Auschwitz e uccisi al loro arrivo, il 30 giugno 1944.

Liliana Segre con il padre Alberto negli anni '30

Alla selezione, Liliana ricevette il numero di matricola 75190, che le venne tatuato sull'avambraccio. Fu messa per circa un anno ai lavori forzati presso la fabbrica di munizioni Union, che apparteneva alla Siemens. Durante la sua prigionia subì altre tre selezioni. Alla fine di gennaio del 1945, dopo l'evacuazione del campo, affrontò la marcia della morte verso la Germania.

Venne liberata dall'Armata Rossa il primo maggio 1945 dal campo di Malchow, un sottocampo del campo di concentramento di Ravensbrück. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati ad Auschwitz, Liliana fu tra i venticinque sopravvissuti.

Al rientro nell'Italia liberata, visse inizialmente con gli zii e poi con i nonni materni, di origini marchigiane, unici superstiti della sua famiglia. Nel 1948 conobbe a Pesaro, mentre era in vacanza al mare, Alfredo Belli Paci, cattolico, anch'egli reduce dai campi di concentramento nazisti per essersi rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò. I due si sposarono nel 1951 ed ebbero tre figli.

La testimonianza della prigionia

Liliana Segre a 13 anni nel 1943, pochi mesi prima dell'arresto


Liliana Segre a 13 anni nel 1943, pochi mesi prima dell'arresto

Pietra d'inciampo a Alberto Segre in Corso Magenta 55 a Milano - 19 gennaio 2017
Per molto tempo non ha mai voluto parlare pubblicamente della sua esperienza nei campi di sterminio. Come per molti bambini dell'Olocausto, il ritorno a casa e a una vita "normale" fu tutt'altro che semplice. Anche Liliana Segre ricorda di non aver trovato
 in quegli anni orecchie disposte ad ascoltarla:

«Era molto difficile per i miei parenti convivere con un animale ferito come ero io: una ragazzina reduce dall'inferno, dalla quale si pretendeva docilità e rassegnazione. Imparai ben presto a tenere per me i miei ricordi tragici e la mia profonda tristezza. Nessuno mi capiva, ero io che dovevo adeguarmi ad un mondo che voleva dimenticare gli eventi dolorosi appena passati, che voleva ricominciare, avido di divertimenti e spensieratezza.»

Nel 1997 è stata fra i testimoni del film-documentario Memoria, presentato al Festival internazionale del cinema di Berlino. Nel 2004 era, con Goti Herskovits Bauer e Giuliana Fiorentino Tedeschi, una delle tre donne ex-deportate intervistate da Daniela Padoan nel volume Come una rana d'inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz (Bompiani, Milano). Nel 2005 la sua vicenda veniva ripercorsa con maggiori dettagli in un libro-intervista di Emanuela Zuccalà: Sopravvissuta ad Auschwitz. Liliana Segre fra le ultime testimoni 
della Shoah (Milano: Paoline Editoriale Libri).

Nel 2009 la sua voce fu inclusa nel progetto di raccolta dei "racconti di chi è sopravvissuto", una ricerca condotta tra il 1995 e il 2008 da Marcello Pezzetti per conto del Centro di documentazione ebraica contemporanea, che ha portato alla raccolta delle testimonianze di quasi tutti i sopravvissuti italiani dai campi di concentramento in quegli anni ancora in vita. Nello stesso anno, partecipò al film/documentario Binario 21 di Moni Ovadia, diretto da Felice Cappa, che si ispirava al poema del poeta di origine russa Itzhak Katzenelson Il canto del popolo ebraico massacrato.

Il 27 novembre 2008 l'Università di Trieste le ha conferito la laurea honoris causa in giurisprudenza. Il 15 dicembre 2010 l'Università degli Studi di Verona le ha conferito
 la laurea honoris causa in Scienze pedagogiche.

Nel 2018 ha ricevuto il Premio Passaggi, assegnato da Passaggi Festival a personalità che si sono distinte per l'attività di saggistica o per la loro figura morale.

Nel 2019 ha ricevuto il Premio Art.3, assegnatole "per il coraggioso e quotidiano impegno a mantenere viva la memoria e i valori civili e morali che la nostra Carta costituzionale detta, in particolare con gli articoli 3, 8, 19".

Il 15 giugno 2019 il sindaco di Palermo Leoluca Orlando le ha conferito la cittadinanza onoraria. Il 6 settembre le viene conferita la cittadinanza onoraria del comune di Vasto. Il 4 novembre 2019 anche il Consiglio Comunale di Varese fa lo stesso, all'unanimità.

Senatrice a vita

Il decreto di nomina firmato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Il 19 gennaio 2018, anno in cui ricadeva l'80º anniversario delle leggi razziali fasciste, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in base all'art. 59 della Costituzione, nominava Liliana Segre senatrice a vita "per avere illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale". È la quarta donna ad assumere tale incarico, dopo Camilla Ravera (1982), 
Rita Levi-Montalcini (2001) ed Elena Cattaneo (2013).

Il 5 giugno 2018, durante la discussione per il voto di fiducia al governo Conte I, è intervenuta per la prima volta in Senato ricordando le leggi razziali e il suo ricordo di deportata, suscitando il plauso di tutto il Senato. Ha inoltre dichiarato la sua ferma intenzione di opporsi a qualunque legge discriminatoria contro i popoli nomadi e le minoranze e 
di astenersi dal dare la fiducia al nuovo governo.

Un anno più tardi, il 10 settembre 2019, in occasione del voto di fiducia sul secondo esecutivo guidato da Giuseppe Conte la Senatrice decise di votare a favore suscitando le critiche del centro destra, soprattutto della Lega che ne criticò aspramente l'intervento 
dove tra le altre cose la senatrice affermò:

«La politica che investe nell’odio è sempre una medaglia a due facce che incendia anche gli animi di chi vive con rabbia e disperazione il disagio dovuto alla crisi e questo è pericoloso. A me hanno insegnato che chi salva una vita salva il mondo intero, 
l’accoglienza rende più saggia e umana la nostra società»»

Pietra d'inciampo a Alberto Segre in Corso Magenta 55 a Milano - 19 gennaio 2017


Come primo atto legislativo ha proposto l'istituzione di una Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza, proposta sostenuta tra gli altri dai colleghi senatori a vita Renzo Piano ed Elena Cattaneo. Il 30 ottobre 2019 il Senato della Repubblica, con i 151 voti favorevoli di Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Liberi e Uguali e Autonomie e le 98 astensioni di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, approva la mozione che prevede nello specifico tre articoli: il primo istituisce la commissione, il secondo ne specifica i compiti, il terzo riguarda il funzionamento stesso della commissione . Durante la discussione in senato la Senatrice intervenne affermando:
«Tale Commissione potrà svolgere una funzione importante: è un segnale che come classe politica rivolgiamo al Paese, di moralità, ma anche di attenzione democratica verso fenomeni che rischiano di degenerare. Istituire questa Commissione, però, è anche l'occasione per colmare una «lacuna» - e qui uso le virgolette con proprietà di causa - perché si tratta di dare un senso più compiuto alla già citata decisione europea»

La senatrice si è inoltre opposta con fermezza all'abolizione del tema 
di ambito storico dall'esame di maturità.

Il 7 novembre 2019, a causa delle crescenti minacce e insulti che le sono rivolti attraverso internet, il prefetto di Milano Renato Saccone, durante il comitato per l'ordine pubblico
 e la sicurezza, le assegna una scorta.


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"L’odio verso Liliana Segre è responsabilità di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Liliana Segre è stata testimone dell’inferno, ma continua ad avere negli occhi la luce di chi non ha rancore. A lei vogliamo somigliare e non a chi avvelena l’Italia con parole di intolleranza e odio". Questo il tweet pubblicato questa sera da Roberto Saviano, che ha anche definito la Meloni e Salvini "due tra i peggiori politici del nostro tempo" la cui "mediocrità non riesce a frenare la loro infinita brama di potere".
Il giudizio dello scrittore è durissimo: "Questo odio e questa ignoranza che questi due guitti stanno diffondendo ha portato a questo picco, cioè all'odio verso un simbolo così importante (la Segre ndr). La democrazia vive grazie a queste testimonianze perché non riaccadano le stesse dinamiche autoritarie. Chi le ha vissute può portare l'allarme meglio di chiunque altro. Parlate di 'prima gli italiani'; di quali italiani parlate? Di quale Italia parlate? 
Noi non apparteniamo a voi, ci fate schifo. 
Questo è il messaggio che volevo lasciare 
a Salvini e alla Meloni: ci fate schifo".


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