Il Bosco Verticale Ridisegna la Città.
"Perché la biodiversità ci salverà"
Il suo bosco verticale è l'edificio più bello e innovativo al mondo per la giuria internazionale del premio 'International Highrise Award 2014'. E a distanza di poche settimane dal riconoscimento l'architetto Stefano Boeri - ospite al Next di Reggio Emilia - racconta la nuova architettura. Che si interroga sulle grandi questione dell'umanità. "Al bando l'autoreferenzialità, oggi si impone la questione sociale".
"Il nostro ruolo come architetti? Diventiamo dei rabdomanti. Perché la nostra missione è dare spazio all'innovazione, scovando quei contesti dove si genera questa innovazione". Stefano Boeri - architetto e professore ordinario di Progettazione Urbanistica al Politecnico di Milano - non ha dubbi sul ruolo dell'architettura nel ripensare gli spazi. E, in fondo, sulle evoluzioni per gli abitanti del pianeta, sempre più aggregati in megalopoli dove la densità abitativa deve essere studiata, gestita, affrontata con soluzioni sostenibili e armoniche.
"Architettura e innovazione sono due concetti differenti. L'architettura dà spazio e ospita innovazione, ne è al servizio. Anche se ci sono architetture innovative che producono innovazione in se', e che sono importanti perché fanno fare passi in avanti all'umanità", precisa il professore, che da sempre ha integrato il suo percorso di ricerca teorica ad una pratica ossessiva dell'innovare in architettura. Il suo studio ha progettato strutture d'eccellenza in Italia, come il pluripremiato Bosco Verticale di Milano. Ma anche in Europa e nel mondo, come la Villa Mediterranée di Marsiglia o il Centro Polivalente di Changchun in Cina.
Boeri è stato anche il fondatore dell'agenzia di ricerca Multiplicity, dedicata allo studio delle trasformazioni delle città osservate da angolature disciplinari diverse. Ed è proprio in questo integrarsi in modo armonico nel contesto urbano che si può interpretare il suo Bosco Verticale, premiato come miglior edificio al mondo. Perché è questa la motivazione con cui ha vinto poche settimane fa il prestigioso International Highrise Award 2014, promosso dal Museo di Architettura di Francoforte e che ogni due anni premia l'edificio più bello e innovativo del mondo. "Un'idea radicale e coraggiosa per le città di domani", l'ha definito la giuria. Non solo. "Progetto avanguardistico legato ai concetti di sostenibilità e integrazione, oltre che ad un forte senso di identità dell'opera stessa", ha argomentato Felix Semmelroth, capo del dipartimento per la cultura e la scienza della città di Francoforte e membro della giuria.
Proprio la giuria ha valutato oltre 800 grattacieli realizzati negli ultimi due anni in tutto il mondo. "Il nostro Bosco è innovativo perché rappresenta una sfida per il prossimo futuro. E c'è un elemento legato alla sperimentazione: gli esperimenti sono fondamentali per far avanzare il progresso. In fondo si può pensare di abitare in verticale in situazione di maggiore densità, sperimentando un rapporto nuovo con la natura", afferma Boeri. D'altronde il Bosco presenta due torri residenziali di 80 e 112 metri di altezza ed è in grado di ospitare fino a ottocento alberi fra i 3 e i 9 metri, 11.000 fra perenni e tappezzanti, 5.000 arbusti, per un totale di oltre cento specie diverse: un corrispettivo di ventimila metri quadrati di bosco e sottobosco che si annidano di fatto nel cuore della città. "Da un anno il nostro Bosco è sotto costante osservazione da parte della BBC con il programma 'One Planet': decine di telecamere sono puntate sul grattacielo e scattano foto con regolarità ogni venti minuti per studiare la crescita di piante e di ogni tipologia di animale che si avvicina e nidifica", precisa Boeri.
Professore, che fenomeni sta vivendo l'architettura negli ultimi anni?
"Gli elementi distintivi sono la maggior consapevolezza della funzione sociale dell'architettura. Una architettura che si interroga sulle grandi questioni dell'umanità del pianeta: la povertà, l'accessibilità, l'inclusione sociale. In questo senso è una architettura più urbana, perché declina in modo innovativo gli spazi condivisi e i servizi ad esso associati. Rifugge da una concezione troppo autoreferenziale degli anni '90, chiusa nel piano dell'autorappresentazione fine a se stessa. Direi che è passata l'epoca delle 'archistar' e delle fotografie di se stessi".
Da quale parte del mondo arrivano i modelli più 'next', ovvero per noi più innovativi?
"Da luoghi del pianeta molto diversi tra loro e non sempre da dove si cerca l'innovazione, che non è mai una opzione determinata. Ci sono modalità innovative nell'abitare in insediamenti informali in India, ad esempio a Bombay e a Nairobi. Tempo addietro abbiamo promosso un progetto chiamato San Paolo Calling, che ha riunito sei grandi favelas del mondo. Raccontando gli abitanti e le loro comunità sono venute fuori alcune formidabili innovazioni negli spazi, nel rapporto con il cibo, nella produzione agricola e poi innovazioni sul piano dell'energia".
C'è un'idea di rielaborazione dello spazio?
"Certamente. Ad esempio un progetto davvero di impatto è stato realizzato a Lille con la trasformazione degli edifici in centrali energetiche. E' un lavoro che prende spunto dalle riflessioni di Jeremy Rifkin. Ecco, sono esempi molto diversi tra loro per dire che la nuova architettura nasce in luoghi inaspettati".
Che fase storica registra in Italia?
"Il momento è difficile perché c'è un mercato molto chiuso. Ma credo che oggi il grande tema sia l'abitare sociale. Vedo architetti e amministrazioni impegnarsi per una fascia enorme della popolazione che non riesce ad accedere all'edilizia pubblica e neanche al mercato libero.
E questi sono soprattutto giovani coppie".
Che tipo di risposta servirebbe?
"Occorrerebbe lanciare una grande sfida: creare offerta abitativa prevalentemente in affitto per quella grande parte della popolazione italiana che non riesce ad avere spazi.
E occorre creare progetti di rottamazione delle città italiane".
Parla di biodiversità come chiave per una co-esistenza tra le varie specie.
In cosa si può attuare questa biodiversità?
"La biodiversità è una nozione generica ma richiama all'opportunità di ricchezza di specie viventi e della loro co-esistenza, che può essere anche conflittuale. Se la guardiamo dal punto di vista del ciclo dell'alimentazione si può concludere che portare prodotti agricoli trasformati in cibo con alta varietà non è solo arricchimento ma anche una risposta alle aspettative. D'altronde oggi le città sono 'città-mondò con cultura alimentare eterogenea e c'è di fatto una tendenza oggettiva all'aumento della biodiversità. Poi c'è anche una biodiversità legata alle specie vegetali, che significa anche biodiversità legata alle specie viventi".
Cosa si sente di dire alle giovani generazioni italiane che vorrebbero intraprendere questo percorso di ricerca architettonica?
"Oggi per gli architetti è fondamentale avere reti internazionali pur mantenendo il contatto con il proprio luogo di residenza. D'altronde la caratteristica dell'architettura planetaria è di non aver paura di muoversi e di viaggiare tenendo però un occhio sull'Italia. Perché il nostro Paese resta un luogo interessante, nonostante tutto".
Il Bosco Verticale, uno dei simboli della nuova Milano, è il grattacielo più bello e innovativo del mondo: l'ha stabilito il Council on Tall Buildings and Urban Habitat promosso dall'Illinois Institute of Technology di Chicago, che ogni anno sceglie il grattacielo migliore di ogni continente e poi premia il vincitore assoluto. Per il 2015 il prestigioso riconoscimento è andato all'edificio progettato da Stefano Boeri e realizzato da Manfredi Catella. La giuria ha preferito il Bosco Verticale rispetto all'One World Trade Center di New York, al Capita Green di Singapore e alla Burj Mohammed Bin Rashid Tower di Abu Dhabi. "Il premio al Bosco Verticale è un premio al coraggio e al lavoro collettivo di un gruppo di creativi, tecnici, esperti, imprenditori e operai edili, che hanno realizzato a Milano un'architettura pioneristica e unica al mondo" ha detto Boeri subito dopo la premiazione.
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