Possono durare solo 1/25 di secondo. Se battete le palpebre in quel momento rischiate di non vederle. Fulminee, istantanee, inconsce. Rivelano le emozioni senza rendersene conto.
Sono le microespressioni facciali.
Quante volte ad un bambino i genitori o i nonni ripetono di non fare “quella faccia”. Oppure prima che arrivino gli ospiti con i regali “mi raccomando, quando apri i pacchetti sorridi, mostrati contento e ringrazia”, nonostante provi tutt’altro.
Crescendo poi si impara ad affrontare situazioni simili e ad adattarsi a molte altre, come per esempio accogliere con un sorriso un ospite indesiderato, non mostrare rabbia quando si subisce un torto o non essere tristi durante una cena od una festa nonostante sia accaduto qualcosa di sgradevole.
In questi e molti altri casi la soluzione risiede nel mostrare un’espressione che si adegua a quella determinata situazione, ma che in realtà non appartiene alla vera emozione provata in quel momento.
E questo funziona. O almeno è quello che si crede. Il motivo è che l’essere umano non è un robot,
per cui può accadere che, nonostante lo sforzo profuso per “contenere” un’emozione che non si vuole mostrare, succede che questa compaia ugualmente come microespressione, senza che nemmeno accorgersene. Avviene a livello inconscio e può durare solo 1/25 (un venticinquesimo) di secondo, tanto quanto un singolo fotogramma di un video o la durata di un battito di palpebre, svanendo con la stessa rapidità con cui è comparsa.
Da qui il termine Microespressione.
Una Microespressione varia rispetto ad una Macroespresione proprio nella durata. Un'emozione di base quando provata, compare sul viso e può durare 5-10 secondi o qualche minuto venendo considerata come Macroespressione, e serve per segnalare agli altri quale emozione si sta provando. Se si vuole invece nascondere questa stessa emozione, si tenderà a bloccare i muscoli del viso per non far comparire alcuna espressione. Sarà a questo punto che potrà comparire una Microespressione e, più é forte l'emozione provata, minore sarà la facilità di bloccare l'espressione, quindi maggiore la probabilità che compaia una Microespressione.
Per esempio, se si vuole tranquillizzare il proprio figlio seduto accanto mentre si é su un vagone delle montagne russe, si mostrerà un volto sereno e sorridente, nascondendo magari il fatto di essere più terrorizzati di lui. In questo caso reprimere o contenere un’espressione di paura risulta essere una vera impresa e, una volta iniziate le evoluzioni, una o più microespressioni potranno comparire sul volto.
Sarà invece più probabile “farla franca” quando si esaltano le doti culinarie di una amica per un pietanza che non proprio gradita. Si può essere traditi da altri dettagli come dal linguaggio del corpo o dalla voce, ma una microespressione di disgusto difficilmente comparirà.
Purtroppo però percepire, riconoscere ed interpretare una microespressione non è semplice, e come facilmente intuibile, il motivo principale riguarda la durata. Quasi mai si spende il 100% del tempo di una conversazione fissando gli occhi o il viso del proprio interlocutore, per cui può capitare di guardare altrove proprio quando una microespressione si presenta. Secondariamente perché non ci si fa caso. Magari la si vede senza sapere come interpretarla e non se ne dà così la giusta importanza, lasciandola passare come se fosse un gesto qualunque o una smorfia di adattamento, mentre invece è appena stata fornita un’informazione importante.
Ma quali emozioni esprimono queste Microespressioni?
Lo studio delle microespressioni inizia negli anni ’60 grazie alla scoperta di questi micromovimenti da Haggard e Isaacs ma lo studio approfondito di questo fenomeno lo si deve al dott Paul Ekman, le cui ricerche hanno concluso che tali microespressioni facciali possono mostrare sette emozioni di base:
Felicità
Tristezza
Rabbia
Disprezzo
Disgusto
Paura
Sorpresa
Ognuna di queste emozioni può essere riconosciuta nel proprio viso ed in quello di tutte le persone, a prescindere dall’etnia, cultura, genere, religione e, con un opportuno allenamento, è possibile riconoscerle e capire la reale emozione che una persona prova, persino se quella persona siamo noi stessi.
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