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Nel popoloso ed antico quartiere dell'Esquilino, tra i grandi palazzi arricchiti da portici ed arcate che risalgono alla fine del 1800, quando la capitale venne spostata da Torino a Roma ed una gran parte dei burocrati torinesi si trasferi nella città eterna in questo nuovo quartiere ideato apposta per loro, su un lato del giardino situato al centro della Piazza Vittorio Emanuele - detta semplicemente Piazza Vittorio - esiste ancora qualche vestigia della famosa Porta Magica o Porta Alchemica, un'altra delle singolari e celebri leggende della città.
La Porta faceva parte di villa Palombara, proprietà del Marchese di Pietraforte, eretta su un'area decisamente più vasta, appartenuta a Papa Sisto V, pontefice dal 1585 al 1590, che vi fece costruire una splendida villa adornata di statue e fontane, su vestigia di età romana già preesistenti, alcune risalenti addirittura al VII secolo A.C., e sui resti del Ninfeo di Alessandro Severo (III secolo), conosciuto come i Trofei di Mario, che raccoglieva le acque degli acquedotti per confluirle al centro della città attraverso canali di distribuzione. Il Ninfeo era un luogo di culto delle ninfe, una grotta naturale o artificiale con acqua sorgiva, con giochi d'acqua, abbellita da volte, colonnati, portici, statue e mosaici.
Ritornando alla Porta Magica e al Marchese, è necessario delineare la figura di questo nobile, innamorato della meditazione, della natura e dello studio dei testi antichi, per lui così affascinanti. Sotto il terreno di una delle sue vigne aveva ritrovato i resti di un'antica riproduzione di epoca romana del discobolo di Alcamene e l'aveva posto al centro dei ruderi del ninfeo. In gran segreto, essendo attirato dall'esoterismo e dalla perfezione, ritenendo il mondo in cui viveva fatuo ed imperfetto, praticava l'alchimia cercando di riuscire nella
difficile arte di trasmutazione degli elementi. Sembra fosse membro dei Rosacroce, una famosa setta esoterica, in cui solo gli iniziati potevano accedere ai misteri dell'occulto, che agli inizi del XVII secolo era tornata in auge dopo un periodo di declino e nel suo personale laboratorio teneva incontri con altri alchimisti, che sovvenzionava e faceva esperimenti lui stesso.
Conobbe la regina Cristina di Svezia, che si era definitivamente stabilita a Roma dove proteggeva artisti e scienziati e che aveva fondato un'importante Accademia da cui nacque l'Arcadia. Anch'essa era un'appassionata ricercatrice in questo campo e quindi i due legarono subito e spesso si videro nel laboratorio del Marchese per penetrare tutti i segreti dell'alchimia.
Si sa di certo che un giorno il Marchese venne a contatto con un alchimista medico, Giuseppe Borri, anch'egli esperto di queste arti che, alla ricerca della pietra filosofale, fece molti esperimenti, ma che sparì improvvisamente dalla vita del Marchese, lasciando le sue formule che nessuno però fu in grado di decifrare. E quindi Palombara pensò di riprodurle sulla porta del suo laboratorio, a perenne memoria. Secondo una seconda versione, fu invece Borri stesso ad inciderle sulla porta prima di partire.
Secondo un'altra leggenda, invece, il Marchese avrebbe conosciuto casualmente uno sconosciuto, seguace delle stesse arti, che gli consigliò di scrivere sul marmo le verità apprese ariguardo della pietra filosofale di cui era alla ricerca e che sembrava interessare anche il nobile romano.
Lo sconosciuto si fece rinchiudere nel laboratorio del Marchese e quando egli cercò di entare dopo molte ore trovò che se ne era andato lasciando dietro di sè tracce di oro... forse l'aveva scoperto ed aveva portato via con sè il supremo segreto...
Nonostante l'infelice risultato, questo incontro fu illuminante per il Marchese: secondo il suo sentire e sapere tutte le ricerche relative all'Arte dell'Alchimia non erano riferite ai metalli ma alle realtà interiori e la pietra filosofale non era altro che la Ragione, l'elemento interiore che poteva trasformare tutte le potenze vitali in verità e luce...
Sta di fatto che la Porta Magica, o per meglio dire Porta Alchemica, comprende dieci iscrizioni: una sulla soglia che recita: "Si sedes non is (se vai non siedi)" che poteva essdere interpretata al contrario come: "Se non siedi, vai", ad intendere che bisognava perseverare nel proprio percorso, a prescindere dalla direzione. Sopra la porta c'è un grosso disco con una stella a sei punte con il motto Tri sunt mirabilia Deus et Homo , Mater et Virgo, Trinus et unus", vale a dire:"Tre sono le cose mirabili: Dio e Uomo, la Madre e la Vergine, l'Uno e il Trino". Sopra la stella c'è un cerchio con una croce cin la scritta: "Centrum in trigono centri" ("Il centro è nel triangolo del centro"). In alto sullo stipite, una scritta in ebraico che significa "Spirito Divino" e sotto una frase che richiama a Giasone e al Vello d'oro che i seguaci dell'alchimia interpretavano come la pietra filosofale.
Sullo stipiti sono riportati i simboli dei pianeti e la relativa corrispondenza ad un metallo ed ad un dio:
(Saturno e il piombo - Giove e lo stagno - Marte e il ferro - Venere e il rame - Mercurio ed il mercurio - Apollo, cioè il Sole e l'oro - e frasi alternate che riferite sempre allegoricamente all'alchimia.
Sulla parte inferiore dello stipite è impressa una monade - termine greco che indica l'unità da cui si originano i numeri e le cose, talora usato perdefinire il principio divino come unità suprema e successivamente l'unità minima e indivisibile della sostanza spirituale di cui tutte le cose sono composte - ed un'altra frase: " L'opera del vero saggio è aprire la terra, affinché germogli per la salvezza dell'uomo"
Tutto queste incisioni forse potrebbero riferirsi, oltre che a un semplice accesso fisico oltre la porta, soprattutto ad un acesso ad un livello interiore ad un superiore stato di perfezione dello spirito, requisito indispensabile per i seguaci della setta dei Rosacroce condizione che, secondo i principi rosacrociani, era una condizione irrinunciabile per accedere ai segreti alchemici.
Le due statue poste ai lati della porta, esseri indefinibili, erano divinità egiziane chiamate Bes, tutori della casa, della nascita, dell'infanzia, conosciuti anche in Roma nell'età imperiale, non erano inglobate in villa Palombara ma vennero ritrovate presso il Quirinale dove sorgeva il tempo dedicato ad Iside. A conclusione dei lavori ottocenteschi per rinnovare Piazza Vittorio, quando Villa Palombara venne completamente demolita, furono poste ai lati della Porta Magica, quasi a tutelarne il segreto.
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